Autore: Umberto Lucarelli
Titolo: Non vendere i tuoi sogni, mai
Casa editrice: Bietti
Pagine: 92
Genere: narrativa/autobiografia
Cari amici librosi,
questo mese vi parlo del libro di Umberto Lucarelli “Non vendere i tuoi sogni, mai” edito da Bietti.
Questa di cui vi parlerò è una storia particolare, un’autobiografia, decisamente articolata nei suoi sbalzi temporali, a volte difficile da seguire. Una storia ambientata alla fine degli anni ’70, che risente molto dei cosiddetti anni di piombo, un periodo che ha tinto la cronaca italiana di rosso, di morte, di paura. L’Italia degli atti terroristici, dalle Brigate Rosse agli attentati dei gruppi eversivi di destra. Anni che hanno profondamente influenzato e condizionato il popolo italiano, attraverso metodi comportamentali errati da parte di alcune forze dell’ordine, raggiungendo una soglia di sopportazione portata al limite, esasperata da entrambe le parti, quasi alla stregua di una guerra civile.
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Una notte, tutto accade in una notte. Una notte che rappresenta un viaggio. Un viaggio nella vita di Michele Giorgi, carcerato, imprigionato in una cella e ossessionato dal rumore continuo del frigorifero che gli impedisce di dormire. Ma dentro quelle quattro mura riesce a evadere attraverso i ricordi, i pensieri, l’amore, le ali della mente gli permettono di poter scavalcare quelle mura grigie, quei corridoi tetri. I pensieri lasciano il presente per volare sui ricordi, viaggiare nella vita passata di Michele, i circoli giovanili, il suo periodo di leva, l’esperienza angosciante nell’ospedale militare. Un viaggio in uno dei decenni più oscuri della storia italiana.
Una storia che parla di arresti, violenze subite e torture ingiuste, storie che purtroppo ancora sono ben piantate nella nostra memoria, e che, a volte, inondano tuttora la cronaca attuale.
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Dietro alla vicenda di Umberto Lucarelli alias Michele Giorgi, vi è una storia vera. Per poter leggere questo romanzo bisogna avere un background conoscitivo di quegli avvenimenti accaduti verso gli anni ’80, a Milano; conoscere i ragazzi della Barona, che avevano creato il Collettivo Autonomo Barona (detto anche CAB). La storia di ragazzi che lottavano contro il lavoro in nero, il carovita, distribuivano volantini per sensibilizzare le persone su tematiche sociali delicate. Una storia di lotte studentesche, di battaglie contro il sistema carcerario. Una vicenda che se non si conosce, non si può comprendere appieno il libro di Lucarelli.
Nel romanzo, infatti, vi sono dei passaggi temporali poco chiari che tendono a confondere chi legge, si distingue con difficoltà il filo logico degli eventi, quel filo rosso che permette al lettore di orientarsi verso un senso, una direzione univoca che lo guidi durante la narrazione. Vi è infatti una linea estremamente sottile che separa la realtà dal sogno, per poi passare ai ricordi e tornare al presente. La dimensione tra l’onirico e il reale è labile, talmente sottile che ci si districa difficilmente nei numerosi allacci di storie, snodi narrativi che vi si intromettono, così, all’improvviso. È una linea decisamente troppo sottile.
Forse questo disordine, questi sbalzi temporali, servono per far capire il disagio che investe, che immerge ogni detenuto. Il disagio che Lucarelli ha cercato di esprimere attraverso un rumore che fa da sfondo al presente della narrazione, il tac del frigorifero, un ronzio estenuante, disturbante e perenne, che impedisce un riposo degno e normale. Un ronzio che ricorda quale sia la realtà, la dura realtà.
La vicenda, narrata in prima persona, mostra i pensieri e le emozioni del protagonista. La scrittura fa un bell’uso di metafore che permettono di poter comprendere le angosce di Michele Giorgi, il suo soffrire; un profondo tormento causato non solo dalla sua condizione di prigionia, ma dal suo amore lontano, la sua amata Laura, la ragione che gli permette di continuare a vivere, di farcela nonostante i soprusi che hanno caratterizzato la sua vita, le ingiustizie, i maltrattamenti da parte delle forze dell’ordine. In un periodo dove la normalità è pregna di violenza e sospetto, Laura è invece luce e speranza, la dolcezza.
Ma ciò che colpisce in questa narrazione è il far riflettere sul come la semplicità dei gesti, la cosiddetta normalità, possano riempire il reale di importanza. Fa capire come una semplice partita a carte possa far dimenticare una condizione debilitante come la prigionia.
Che dire della Cortigiana d’Inchiostro? La storia, come scritto in precedenza, non segue un filo lineare ed è difficile nella lettura. Probabilmente è proprio questa caratteristica che ne determina la sua particolarità, il messaggio che vuole trasmettere lo scrittore. Un consiglio, che forse potrebbe giovare nella fruizione del testo, è il marcare maggiormente quella linea che separa il presente dal passato. Il rendere esplicito, marcato, il passaggio temporale.
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